Bioeconomia e gestione delle foreste europee

Bioeconomie e foreste europee

Gli alberi sono ormai percepiti come una delle soluzioni fondamentali nella lotta al cambiamento climatico: da una parte aiutano ad adattarci agli eventi estremi, fornendo protezione da alte temperature, precipitazioni e dissesto idrogeologico; dall’altra, grazie alla loro costante opera, sequestrano anidride carbonica dall’atmosfera per immagazzinarla nel fusto e nelle radici, rappresentando uno dei più importanti serbatoi di carbonio mondiali. 

Boschi e foreste fanno parte di quelle “soluzioni naturali” alla crisi ecologica che permetterebbero di tutelare l’ambiente senza dover necessariamente rinunciare allo sviluppo economico. Ad essi infatti si abbina una serie di attività redditizie in più settori, da quello energetico alle costruzioni, all’arredamento e al turismo. In quest’ottica abbiamo sempre salutato con gioia i dati che presentavano l’Europa come continente le cui foreste sono in continua crescita, felici della sostenibilità delle attività economiche su un ecosistema tanto delicato. 

Purtroppo, allargando il nostro sguardo dobbiamo ridimensionare l’ottimismo. Innanzitutto perché, considerando la situazione globale, il settore forestale europeo non rimane più altrettanto sostenibile. Come spiegato nel report dello European Environmental Bureau, anche se lo sfruttamento delle foreste in Europa è rimasto limitato, è probabile che la separazione tra  crescita economica europea e utilizzo delle risorse (e quindi anche di quelle forestali) abbia, nei fatti, solamente nascosto lo spostamento dello sfruttamento in altri Paesi del mondo. Insomma, invece che utilizzare le aree forestali europee per convertirle in campi coltivati, piantagioni o come fonte di biomassa, abbiamo semplicemente preso le risorse di altre aree globali mantenendo intatto il nostro “giardino”. Ne sono un esempio le piantagioni di palma da olio indonesiane, o ancora la deforestazione sudamericana guidata dalle necessità alimentari nostrane. 

Un altro problema aumenta le riserve nei confronti delle attività forestali in Italia e in Unione Europea: a partire dal 2015 è stato misurato un decisivo aumento dei tagli boschivi in tutto il territorio Europeo, così come in generale dell’utilizzo del legno sia come fonte di energia che come materia prima. Il tasso di disboscamento è ancora minore di quello della crescita delle foreste, ma se i ritmi attuali vengono mantenuti si arriverà presto a un punto in cui preleveremo più biomassa di quanta ne producano nei boschi. Questo si accompagna al progressivo degradamento delle aree forestali, con alberi che in media producono meno foglie a causa dell’incidenza di insetti, patogeni e eventi estremi.

Il settore boschivo europeo sembra dunque dover affrontare un futuro complesso, in cui sarà fondamentale arginare un eccessivo sfruttamento delle biomasse e tutelare la stabilità degli ecosistemi. Ma cosa guida le attuali tendenze negative?

Le cause

A monte dell’attuale crescita di sfruttamento delle foreste europee troviamo quella che dovrebbe essere una delle altre soluzioni al cambiamento climatico, ossia la bioeconomia. Sì, perché se la ricerca ha permesso di sfruttare in maniera inedita materiali come il legno, facendogli acquistare un nuovo valore, questo ha significato che boschi e foreste sono nuovamente diventati investimenti da realizzare in nome della transizione a un futuro più sostenibile. Il legno prodotto in Europa viene, quasi per il 50%, utilizzato per produrre energia: l’introduzione dei pellet per il riscaldamento (anche industriale) e di politiche che considerano il legno una risorsa rinnovabile hanno portato a considerarlo come un importante alleato nella transizione energetica. La biomassa rimanente viene utilizzata come materia prima per la produzione di carta, mobili, e così via.

La crescita dell’uso del legno come risorsa nella bioeconomia può avere conseguenze pericolose, alcune delle quali sono già riscontrabili oggi: la biomassa sfruttata come fonte di energia contribuisce a far aumentare le emissioni di particolato, una delle principali cause di inquinamento atmosferico, per cui l’Italia è già ai primi posti nel continente; lungi dall’essere “a impatto zero”, gli alberi generano poi emissioni durante la combustione, che possono essere compensate solamente attraverso cicli abbastanza lunghi di crescita.

L’aumento dello sfruttamento dei boschi naturali può anche mettere a repentaglio la tutela della biodiversità: la mancanza di una chiara misurazione di questi impatti ambientali aumenta il rischio di non valutare adeguatamente la perdita di questa risorsa, che costituisce un valore aggiunto fondamentale degli ecosistemi boschivi.

Se lo sfruttamento delle foreste continuerà ai ritmi attuali e seguendo gli obiettivi europei al 2030, le conseguenze elencate qui sopra tenderanno ad aggravarsi ulteriormente; inoltre,  l’UE rischia di non avere abbastanza biomassa per produrre energia in maniera sostenibile.  Il pericolo, allora, è di sfruttare eccessivamente le zone boschive e forestali oppure di rivolgersi nuovamente a Paesi terzi in cui le legislazioni ambientali sono meno stringenti.

Agire con consapevolezza

L’Unione Europea è consapevole della serietà della situazione del proprio patrimonio forestale. Nell’ottica di promuovere una migliore amministrazione delle aree verdi,  attraverso il suo Centro di Ricerca ha catalogato le possibili attività di gestione in ambito forestale per comprendere quelle sostenibili e quelle da evitare nel futuro.

Le attività sono di tre tipologie principali: l’afforestazione, il recupero dei residui da disboscamento e la conversione di foreste in piantagioni (che massimizzano la produzione di legno). Affinché gli ecosistemi forestali possano rimanere una risorsa, sarà necessario prendere in considerazione solamente le attività nel quadrante superiore sinistro. Le altre, pur potendo presentare parziali benefici, non sarebbero compatibili con gli sforzi di mitigazione al cambiamento climatico o di conservazione della biodiversità e degli ecosistemi che l’UE cerca di raggiungere. 

Per il loro ruolo fondamentale (ribadito anche dall’IPCC) nel migliorare la qualità della nostra vita quotidiana, così come le nostre capacità di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico, gli alberi e gli ecosistemi di cui fanno parte dovrebbero ricevere una tutela adeguata; scelta chiave dei decisori politici italiani e europei sarà quindi quella sulle azioni di gestione forestale che possano massimizzare i benefici per l’ambiente tutelando, comunque, anche l’attività economica.

Fonte: La bioeconomia e la gestione delle foreste europee (duegradi.eu)